Il caso non sembra chiuso, riporto dal Corriere di Como
Corriere del 20.09.2004
Depositate le conclusioni dell'esperto:
<<La vittima trascinata in una situazione che non era in grado di affrontare>>
Sub annegato, le accuse della perizia
Passaggio importante nell'inchiesta sulla tragica immersione di un anno fa.
Una «immersione organizzata male, pianificata peggio, eseguita in una maniera che potrebbe essere ricondotta solamente ad una improvvisazione del momento».
Le conclusioni della perizia sulla morte del sub annegato il 25 ottobre dello scorso anno nel lago di Como sembrano non lasciare molti dubbi: Guido Bonazzo, il 39enne di Sesto San Giovanni morto nella tragica immersione, sarebbe «stato abbandonato al suo destino».
Roberto Delaide, il perito incaricato dal giudice delle indagini preliminari Valeria Costi (su richiesta del sostituto procuratore Massimo Astori) di ricostruire le cause della morte, ha depositato nelle scorse settimane le sue conclusioni. Una perizia che sottolinea alcune presunte responsabilití a carico dell'unico indagato della morte, un istruttore di sub lecchese, il più esperto del terzetto che quel drammatico pomeriggio si immerse nello specchio d'acqua di fronte a Valbrona.
Guido Bonazzo, assieme a due amici, tra cui l'istruttore di sub iscritto nel registro degli indagati dalla Procura con l'accusa di omicidio colposo, sabato 25 ottobre aveva partecipato ad un'immersione nella zona nota agli appassionati come "La faglia del Quensito".
I tre sub, dopo le verifiche dell'attrezzatura in loro possesso, iniziarono la loro missione raggiungendo una profondití di circa 100 metri. I problemi sarebbero iniziati durante la risalita, quando lo sventurato 39enne di Sesto San Giovan-ni si sarebbe sentito male e sarebbe morto.
Secondo le conclusioni del perito nominato dal gip di Como, sarebbero diversi i punti critici di quell'immersione.
A partire dalla scelta della «miscela respiratoria» nelle bombole:
«Non è corretto - scrive il perito - pianificare un'immersione a circa -100 metri con una miscela contenente una cosí¬ elevata quantití di azoto, e quindi un grado narcotico elevato».
Motivo: «L'azoto a quelle profondití è tutt'altro che inerte».
Il perito solleva dubbi anche sulla scelta del «sito», a suo giudizio inadatto per «una immersione di corso», cosí¬ come inadatta sarebbe stata la profondití e la conduzione della stessa immersione.
In realtí l'istruttore lecchese indagato per la morte dell'amico, aveva sostenuto che quella non era un'immersione didattica, bensí¬ una missione tra amici.
Secondo quanto raccontato dallo stesso istruttore in una lettera pubblicata su Internet, l'immersione si sarebbe svolta in modo regolare in fase di discesa. «In più occasioni si legge - ci siamo scambiati dei segnali di ok. Stavamo praticamente chiudendo un'immersione da manuale, facile, senza preoccupazioni, senza pressioni, in scioltezza».
Durante la risalita, a metí del tragitto, qualcosa però è andato storto. «Mi sono rivolto verso Guido, ma lui non si trova più al mio fianco: è circa un metro e mezzo sopra di me - scrive -. Intuisco che c'è qualcosa che non va, che qualcosa è cambiato. Raggiungo subito Guido, lo afferro per una pinna. Vedo che Guido non reagisce, resta immobile senza alcuna reazione. Non vedo le sue bolle di scarico, ha gli occhi sbarrati e non ha nessun erogatore in bocca».
Secondo il perito «Guido Bonazzo» sarebbe «stato trascinato in una situazione che non era in grado di affrontare». Ora spetterí alla Procura decidere il da farsi. Ovvero, se chiudere l'inchiesta o se procedere a ulteriori accertamenti per fare completa luce sul caso.
gianni nava